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Taccuino di un vecchio fannullone
romanzo di Fabio Moriggi
ZONA 2013
pp. 194 - EURO 17
ISBN 978 88 6438 322 4
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Milano. Merda.
Ancora Milano. Di nuovo a Milano. Mi ritrovavo per l’ennesima volta in questa città. Una città dai mille volti. Era divenuta ormai per me, insieme un sogno e un incubo. Nello stesso istante. Contemporaneamente. E sentivo che l’aria iniziava a mancarmi. Il peso di tutte le storie che si intrecciavano nella mia mente, avevano lo stesso insopportabile e odioso peso che aveva l’aria umida e molliccia di quella domenica di luglio, che attraverso le persiane socchiuse filtrava nella stanza. E nemmeno le pale del ventilatore a soffitto della camera, girando stancamente, riuscivano a dare un minimo di refrigerio o a togliere quell’afa opprimente, che come una vecchia coperta gravava sulla città e sulla mia stanza.
Il sole era già alto su Milano e Gloria, un nome alquanto improbabile per una troia di quartiere con la quale di tanto in tanto mi incontravo, trafficava ad una vecchia caffettiera, nella piccola cucina di un angusto e squallido appartamentino, alla periferia nord della città, nel quale, oramai, dopo le numerose e intime frequentazioni della “signora”, mi sentivo a tutti gli effetti uno di casa, quasi un padrone, forse “il” padrone...
Una qualsivoglia tematica vissuta, contribuisce al crearsi di quel taglio esperienziale che pone nella condizione diciamo più ricca oppure di “privilegio”, il soggetto che ne volesse discorrere. Poter conoscere, diciamo così, “da dentro” un problema o una situazione, sicuramente pone nella condizione di osservare a pieno o meglio, più compiutamente, una data realtà. (…)
Certamente Charles Bukowski non doveva rincorrere set quotidiani per scrivere le sue storie maledette. Bastava tradurre su carta ciò che la vita ogni giorno elargiva nei bassifondi, derelitti e non, della sua San Pedro. E pure Ernest Hemingway fu capace di cogliere ogni attimo drammatico che la grande guerra prima e i suoi trascorsi professionali poi, gli offrirono. Riversandoli in quelli che tutti noi conosciamo essere scritti intramontabili (…) Io mi guardo attorno e colgo qualsiasi secondo degli accadimenti che intorno a me si dipanano. A volte è sufficiente sedersi a un bar e “guardare” lo scorrere del tempo, una strada o lo scompartimento di un treno, per “sentire” il mondo raccontare da vicino. E poi io, ho l’Asl... |