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107 HAIKU
di Maria Teresa Sanza
ZONA Contemporanea 2015
pp. 120 - EURO 12
ISBN 978 88 6438 594 5
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Tinge di giallo
l’erba ancora verde.
È la ginestra.
Profumano di aria e paesaggi gli haiku di Maria Teresa Sanza, che alla professione legale alterna ritmiche fughe nella poesia, inseguendo ormai da moltissimi anni una forma sospesa fra la narrazione e l’immagine in versi.
In questa nuova raccolta è lo spazio della sua giornata il luogo in cui ci ospita, uno stralcio della sua terra – haiku da Potenza – dove la luce e i colori trovano immediata rispondenza nella pennellata, uno sfogo che dalla pioggia delle montagne si affaccia spesso sul mare e dalla stagione interiore e nuvolosa del gelo su quella serena e solatìa della vacanza (da sé, dal mondo, dalle responsabilità).
Così, ora appaiono oggetti – una canna da pesca in una giornata estiva –, ora sensazioni: Maria Teresa Sanza registra il giorno che passa, lo scorrere regolare del tempo, la quieta battaglia del vivere.
Il silenzio, il ricordo, un paio di mani, un’arancia, un pino: piccole parti di un grande tutto, figure dell’insieme che ci resta da immaginare.
È come se nell’haiku l’autrice smetta i suoi panni adulti e torni finalmente bambina, essenziale, scevra da voli pindarici, sfuggendo al controllo mentale per il breve istante che la riporta alla concretezza del vivere. Ma l’ansia morde, la si sente accanita: così, se il panorama estivo cerca di prendere il sopravvento, è spesso un inverno dell’anima che fa capolino, “Non so cos’è: l’aria è ferma e cade la pioggia”. Il cambiamento incombe o si mostra nella sua impossibilità: “Nero il giorno. Profumato di vuoto. È l’urlo muto”.
Talvolta, ma sono casi rarissimi, anche l’ordine sociale, e non quello personale, diventa protagonista: “Politicanti/ in lotta accanita:/ cani di chianca”. E qui l’accettazione e la contemplazione dell’haiku si spezza, parte l’invettiva.
Una raccolta come paesaggio dell’anima: più che finestra, sportellino – minuscola apertura dal piano alto di un fienile – su un paesaggio la cui immensa ampiezza ci è negata e che pure s’intuisce, desiderio di condivisione che si realizza a fatica, imbrigliato: forse uno dei modi in cui l’haiku giapponese sbarca nel mondo globalizzato, individualista e frammentato.
Tuttavia, il delicato femminile della perdita e dell’assenza trova un suo specifico: “Solo dolore./ Tuo figlio perduto./ Sguardo nel vuoto”, che è subito anche ritratto, piccolo quadro, scatto fotografico dell’altro da sé che si riverbera nel personale.
E, per fortuna, ogni tanto si torna a sé: “Giro di luce./ Rosso intorno al blu./ Il mio piacere”.
Una lettura fatta di gocce, perle opache ma preziose.
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