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CARNE DIEM
poesie di Federico Romagnoli
ZONA 2010
pp. 68 - EURO 10
ISBN 978 88 6438 103 9
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«Regolati sull'ora della carne»: constatazione e imperativo necessari durante il Carne diem, (re)incarnazione dell'attimo, poesia che si fa “verbo” contro ogni “merinismo” e che di quel “verbo” mette in luce il negativo.
Carne diem è una raccolta poetica suddivisa a sua volta in tre parti: L'ano della bestia, Macchina a odore, e Madrigalli. La prima parte è composta di diciassettine in versi imparisillabi, la seconda di tradizionali sonetti e la terza di madrigali di stile trecentesco. Si cerca in questo modo il connubio tra la grande tradizione poetica (il madrigale e in particolare il sonetto) e una forma nuova di sperimentazione personale (la diassettina) per affrontare il grande tema del corpo umano – la carne appunto – nelle sue sfaccettature erotiche in primis, ma anche politiche e socioculturali. L'opera consta in totale di quarantuno poesie e tre piccole prose. I disegni sono opera del pittore Marco Acquafredda, mentre le citazioni rendono il giusto omaggio alle maggiori fonti ispiratrici.
«Regolati sull'ora della carne», scrive Federico Romagnoli: constatazione e imperativo necessari durante i tre tempi del Carne diem. L'«ora della carne» ritorna infatti al «primordiale», a L'an(n)o della bestia, dove «bestia» segue «bestia», reciprocamente annusandosi «l'ano», fiutando un «odore» “cloroconformizzante”. È il richiamo della natura, che induce allacompenetrazione, mutare in un «affascinante animale a due schiene». Ma il meccanismo che questa Macchina a odore mette in «ricircolo» è gratuito ed infecondo: non riproduce che se stesso, per il puro (sod)disfacimento della «carne». Richiama alla natura, ma contro natura diventa una «febbre ». L'«amo» nasce infatti dall'«ano», perché l'«ano» è l'«amo» cui tutti abboccano, che «tutti presto ingolla», pcui non v'è altro o veltro o filtro che tenga. È il «cavo coassiale» di «fede» che «spopola», quanto insomma consente la trasmissione, l'andare «à», fino all'avvenente (con)fusione dei Madrigalli, che blocca la vita nascere. Quell'«idea fissa» con cui Beltrami avrebbe voluto tradurre il «voler»arnautiano, diventa «fisso» che si avvita su se stesso, mettendo in «croce» il corpo stesso della «voce», fino alla «scomunicazione». «In verità, in verità sto zitto»: è con questa «frigida» (pru)riti (formu)laici che invitano alla «guerra» dei «sensi», (re)incarnazione dell'attimo, chel'autore si consegna al lettore. Con una poesia, cioè, che si fa “verbo” (contro ogni “merinismo”) e che di quel “verbo” mette in luce il negativo. Del tentato «carnevale», resta la rivelazione («ammetto la mia colpa») d'una «maschera» appiccicosa («persevero perverso»). (Federico Scaramuccia, L'ora della carne)
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